Il 24 Ottobre 1917 l’armata Austro-Tedesca sfonda le linee italiane per 27 chilometri fino ad arrivare a Caporetto. Al Generale Cadorna giungono purtroppo notizie distorte. Egli crede che lo sfondamento sia dovuto ad una resa assurda da parte di alcune divisioni regie che avrebbero dato sfogo ad una specie di sciopero militare dovuto alla stanchezza e alla vigliaccheria. Nulla di tutto ciò, ma Cadorna non ascolta il suggerimento del Generale Cappello, Comandante della 2° Armata, di ordinare la ritirata il 25 Ottobre.
Se ciò fosse avvenuto l’esercito italiano si sarebbe messo al riparo dietro una nuova linea di resistenza, si sarebbe riorganizzato senza eccessive perdite e Caporetto non sarebbe diventata simbolo di catastrofe militare.
In verità alcune compagini del regio esercito vengono accerchiate dalle avanguardie d’assalto imperiali e depongono le armi, ma la maggioranza delle truppe si impegna nelle operazioni difensive con coraggio e valore.
Purtroppo è proprio la cecità dell’Alto Comando, che ordina la resistenza ad oltranza, a consentire la vera catastrofe. Essa si traduce nello scontro tra Italiani e Tedeschi il 25 e il 26 Ottobre sulla dorsale montuosa del Kolovrat-Matajur, alle spalle di Cividale del Friuli.
I soldati italiani sono impegnati il 25 e il 26 contro ben 3 eserciti: quello Slesiano della 12° Divisione, i Bavaresi del Alpenkorps e il Battaglione da Montagna del Württemberg, in cui combatteva il famoso Rommel. Purtroppo i nostri non erano informati che ormai tutto era perduto e quindi continuavano a resistere sulle montagne intorno all’Isonzo registrando perdite, accerchiamenti, ed episodi di resa per non essere crivellati.
In verità sulla dorsale del Kolovrat-Matajur, monti a sud di Caporetto, gli Austro-Tedeschi attaccano con una potenza di fuoco rapido che gli Italiani non avevano mai sperimentato: mitragliatrici leggere portate in spalla. L’avanzata dell’Alpenkorps si svolge in due fasi: a passo Zagradan-Kolovrat-Cucco i combattimenti diventano attacco a truppe in trincea, mentre a Luico-Matajur si ha guerra di movimento con attacchi convergenti a truppe non trincerate. Certamente la superiorità di addestramento alla guerra di montagna dell’Alpenkorps gioca un ruolo determinante grazie a velocità di spostamento, destrezza , sorpresa.
La resa di alcuni plotoni della Napoli a passo Zagradan viene causata dal tiro incrociato che non dà possibilità di scampo.
La resa a Luico avviene per accerchiamento e i reparti italiani che sfuggono alla cattura vengono utilizzati il 26 per sbarrare il fondovalle a Cepletischis e il 28 sul Torre, per difendere la linea che doveva permettere la ritirata al Tagliamento. I trecentomila prigionieri italiani, fatti nelle due terribili settimane della ritirata dopo Caporetto, non cadono in mano nemica perchè vigliacchi o fuggitivi, ma proprio perchè sono appostati a difendere strenuamente le loro posizioni. Ciò era stato ordinato loro dalla cecità dell’Alto Comando, che doveva invece ordinare una ritirata tempestiva piuttosto che una resistenza inutile.
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