La Seconda Guerra Mondiale in Friuli

seconda guerra mondiale in friuli
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Il Friuli venne coinvolto profondamente nella Seconda Guerra Mondiale dal giugno 1940: i disagi, le restrizioni, le morti ebbero un picco durante l’inverno 1942-1943, periodo nel quale la Regione fu sottoposta ai primi bombardamenti aerei Alleati. A seguito dell’8 settembre il Terzo Reich controllò in maniera diretta il Friuli con la creazione dell’Adriatisches Kustenland unendo le provincie di Gorizia, Lubiana, Udine, Fiume e Pola.

A seguito di questa decisione ebbe luogo una vicenda poco conosciuta della Seconda Guerra Mondiale, ossia il trasferimento in Friuli di migliaia di cosacchi per ordine di Hitler: infatti, a seguito dell’invasione dell’URSS, furono create delle vere e proprie divisioni russe agli ordini della Wehrmacht.

Tra queste vi erano l’armata di Vlasov e le divisioni cosacche: ciò non deve stupire perché negli anni precedenti Stalin aveva ordinato purghe e deportazioni ai danni del popolo cosacco e delle altre minoranze dell’Unione Sovietica. In Friuli i cosacchi installarono un vero e proprio regime di occupazione in funzione antipartigiana: infatti questa Regione era stata loro affidata, se non tacitamente promessa, dai comandi tedeschi.

Quasi ovunque si verificarono requisizioni di case, viveri, animali e oggetti personali, tuttavia in alcuni luoghi si ebbe un vero e proprio sfollamento della popolazione residente. I cosacchi rimasero in Friuli per ben sette mesi, dalla fine del 1944 all’aprile del 1945: in questo periodo di tempo si assistette anche al loro tentativo di ricostruire la propria cultura nella Regione.

Non va dimenticato che non si trattava di semplici divisioni, ma di buona parte della popolazione cosacca. Le famiglie quindi costruirono dei villaggi tradizionali russi, le stanitse e riadattarono le proprie tradizioni, i propri costumi e la religione ortodossa. Quando il comando tedesco di stanza in Italia si arrese, i cosacchi furono consegnati all’Unione Sovietica e andarono incontro alla deportazione in Siberia.

In Friuli il movimento partigiano fu particolarmente forte, grazie anche ai legami e al supporto delle forze titine nella vicina Jugoslavia. Tuttavia, questo appoggio poteva rivelarsi un’arma a doppio taglio e portare a ingerenze e a fortissimi contrasti tra le formazioni comuniste e quelle bianche. Infatti non bisogna dimenticare che, anche se le bande partigiane più numerose e meglio armate erano quelle comuniste, vi erano numerosi gruppi di schieramento diverso, come i monarchici e i cattolici.

A volte si riusciva a creare uno stato di convivenza di fronte alla lotta comune contro il nazifascismo, in altri casi la situazione finiva per avere un esito drammatico. A quest’ultima categoria appartiene uno degli eventi della Seconda Guerra Mondiale poco conosciuti e volutamente lasciati nell’oblio accaduti in Friuli.

Si tratta della strage di Porzus, svoltasi mercoledì 7 febbraio 1945 in un settore cruciale del conflitto, vicino al confine con la Slovenia. La strage fu compiuta da due bande di partigiani comunisti della Garibaldi (l’Ardito e il Grotto) comandate da Giacca ai danni di un gruppo di partigiani autonomi o bianchi. Il comandante Giacca si chiamava Mario Toffanin e aveva all’epoca 32 anni: nato a Padova e in precedenza operaio nei cantiere di Montefalcone, era un comunista integrale, che idolatrava Stalin e Tito e riteneva che la rivoluzione proletaria giustificasse i mezzi con cui veniva realizzata.

A Porzus, frazione di Attimio a 18 chilometri da Udine, aveva trovato riparo la Brigata Osoppo, formata da cattolici, monarchici e semplici antifascisti, che non avevano rapporti con il Partito Comunista e rivendicavano l’italianità della Regione. Furono subito uccisi tre partigiani, tra cui il comandante dell’Osoppo, e un’operaia cotoniera che si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato. Un altro partigiano, ferito, fu creduto morto e divenne l’unico testimone della strage.

Gli altri 16 membri dell’Osoppo furono condotti nel Bosco Romagno e man mano processati, denudati e uccisi: il massacro andò avanti dall’8 al 19 febbraio. Due partigiani si salvarono perché passarono nella formazione di Gracia. Questo evento è stato poi raccontato nel film Porzus del 1997 di Renzo Martinelli.

Un’altra strage che insanguinò la Regione fu quella compiuta ad Avasinis (frazione di Trasaghis) da parte delle SS durante la ritirata tedesca: praticamente a guerra conclusa, per la precisione il 2 maggio 1945, fu colpita la popolazione civile del paese per ragioni ancora poco chiare.

Si sa che una compagnia di 250 Waffen SS tentando un aggiramento sopra Avasinis il primo maggio ma la mattina seguente, forse dopo che i partigiani avevano sparato alcune raffiche di mitra, si ebbe un attacco contro il paese: una volta sbaragliate le difese partigiane, ebbe luogo l’eccidio della popolazione, che contò 51 vittime tra uomini, anziani, donne e bambini.

Solo il 3 maggio la compagnia si ritirò, finendo poi per dividersi alla notizia della resa del comando tedesco: si trattava infatti di una compagnia mista di cui facevano parte anche friulani e istriani.

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