La storia intrigante della Contessa Caterina, figlia del Conte palatino ungherese Nicola Gara e di Anna Cilli, diventata seconda moglie del Conte di Gorizia, è entrata nella leggenda. Si dice che il suo fantasma ancora si aggiri nel Castello di Gorizia, facendo fuggire chi osa avvicinarsi.
Ma entro quali avvenimenti si colloca la sua vicenda?
La Contea di Gorizia per un periodo (dal 1394 in avanti) viene governata dai fratelli Enrico IV e Giovanni Mainardo. Dopo la morte di Giovanni Mainardo VIII, Enrico IV restò alla guida della Contea.
In quell’epoca c’erano dei fatti destabilizzanti per i Conti Gorizia e cioè la guerra tra il Re Sigismondo D’Ungheria e Venezia (Guerra di Chioggia).
Venezia nel 1420 invase il Friuli e il conte Enrico, dopo essere stato fortemente protetto dal Re Sigismondo, fu costretto ad avvicinarsi a Venezia potendo così partecipare alle trattative di pace tra Sigismondo e la Serenissima.
Nel 1437 morì Sigismondo e il Conte Enrico perse un gran protettore. Successivamente, dopo la morte del Duca Alberto d’Austria entrò in rapporti conflittuali con il suo successore, perdendo un altro importante storico appoggio che era la Casa d’Austria.
Il Conte Enrico era stato in buoni rapporti anche con il Patriarca d’Aquileia, Ludovico, partecipando, ancora nel 1412, al suo insediamento a Cividale.
L’investitura di Ludovico di Teck voluta da Sigismondo, era stata caldeggiata dal Conte di Gorizia, ma purtroppo anche questo appoggio era già venuto meno per lui perché con l’invasione veneziana del Friuli (1420) ci fu la fine dello Stato Patriarcale, inglobato dalla Serenissima.
Intanto nel 1428, Enrico, vedovo di Elisabetta di Cilli, aveva deciso di sposare Caterina, della famiglia ungherese Gara, e Cilli da parte di madre. Insomma si trattava di un matrimonio per rafforzare le alleanze con la feudalità ungherese, anche se, in verità, erano i Conti Cilli a voler impadronirsi di Gorizia.
Però Caterina, di quarant’anni più giovane del marito, aveva avuto da lui 3 figli maschi e pertanto aveva vanificato le mire dei suoi nobili parenti sulla possibilità di unire la Contea Goriziana ai domini Cilli.
Nel 1443 l’imperiosa Caterina, sembra molto attaccata al danaro, prese in mano le redini della Contea e ordinò di rinchiudere l’anziano marito a Bruck, perché non le versava la somma adeguata ai suoi bisogni.
Dovette intervenire Ultico di Cilli per far liberare il Conte, oramai vecchio, ottenendo le seguenti condizioni: a Caterina venne dato il Castello di Grunburg, ove la Contessa fissò la sua residenza, mentre l’intermediario Ulrico ottenne di diventare tutore dei figli di Enrico, che furono educati a Cilli.
Intanto si apriva per il povero conte di Gorizia un’altra questione penosa. Enrico si vide negata l’investitura dei feudi imperiali e per questa ragione nel 1444 si recò a Cormons. Purtroppo non venne accompagnato dalla moglie, a lui ostile, e Federico III di Stiria (succeduto come già visto al Duca Alberto V d’Austria) riaprì la vecchia questione dei debiti del Conte.
A questo punto Enrico, solo e indifeso, decise di rivolgersi al Papa Eugenio IV, per avere protezione. Federico III dava nel frattempo un ultimatum al Conte: entro una certa scadenza Enrico avrebbe dovuto pagare una somma per non perdere il diritto al feudo.
Messo alle strette il Conte di Gorizia nel 1452 fece un testamento in cui lasciava tutto alla moglie e affidava il governo agli Stati della Contea. Dopo innumerevoli proposte e controproposte, contrasti continui con Caterina, fece un altro testamento in cui non lasciava nulla alla moglie e confermava il governo agli Stati Provinciali.
Nello stesso anno Caterina fece di nuovo imprigionare il Conte e lo racchiuse nel maniero di Karstberg, dove morì nel 1454, dopo aver emanato l’ultimo suo atto a Dobbiaco. Restarono i figli Giovanni, Ludovico e Leonardo a sbrogliare la laboriosa matassa.
Intanto la vedova Caterina entrò in conflitto con Federico III (già poco benevolo verso il Conte estinto) per questioni economiche non risolte.
Federico III la imprigionò a Heinfels. Dopo molte trattative fu liberata e le venne assegnato il vitalizio grazie all’intervento del figlio Giovanni. Questi firmò un accordo con Sigismondo del Tirolo e con il Conte Urlico di Cilli, per ottenere il riscatto della madre.
Giovanni si recò poi a Venezia dove nel 1455 ricevette dal Doge Foscari l’investitura delle terre site in Friuli.