Immortalato liricamente nella celebre poesia “I Fiumi” da Giuseppe Ungaretti, il fiume Isonzo è noto ai più per i tristi fatti d’arme di cui fu teatro durante la Prima Guerra Mondiale. Tuttavia, esso è anche un corso d’acqua di grande spettacolarità e ricco di stimoli storici e turistici.
Se siete curiosi di conoscere un po’ di più l’Isonzo e la sua storia, proseguite nella lettura di questo articolo!
Il corso del fiume Isonzo e le sue caratteristiche
L’Isonzo scorre in parte in territorio sloveno e in parte in quello italiano. Esso infatti nasce sulle Alpi Giulie a circa 110 metri sul livello del mare, precisamente nella Val Trenta, a ovest del monte Tricorno.
Con un percorso tortuoso complessivamente lungo 136 chilometri, nel primo tratto esso lambisce rinomate città slovene quali Plezzo, Caporetto e Nova Gorica, per entrare poi in Italia presso Gorizia. Da qui, il suo corso prosegue lambendo le pendici del Carso per poi sfociare nel Golfo di Panzano, ad est della laguna di Grado.
Per tre quarti il bacino del fiume si sviluppa in territorio montano, tra le gole delle Alpi Giulie e i rilievi del massiccio del Canin e di monte Maggiore. Il suo regime è quindi essenzialmente alpino, ed è caratterizzato da una portata media tra le più elevate del nord-est italiano, sostenuta anche nei mesi estivi.
Oggi la portata del fiume Isonzo è regolata dall’apertura o chiusura delle numerose dighe che sono state costruite lungo il suo corso in territorio sloveno.
Protagonista del passato: il fiume Isonzo nella storia
Le valli dell’Isonzo e lo stesso fiume hanno ricoperto una rilevante importanza militare in numerosi momenti storici, dal momento che costituisce un punto chiave strategico per l’accesso alla pianura veneta.
Le prime menzioni del fiume Isonzo risalgono all’epoca romana, quando il fiume era chiamato Aesontium o Sontium. In particolare, Erodiano fece riferimento a questo corso d’acqua durante il racconto della discesa in Italia di Massimino il Trace (238 d.C.) il quale, determinato a farsi riconoscere dal senato romano come legittimo imperatore, decise di invadere Aquileia. Per riuscire a guadare il fiume, racconta lo storico, l’imperatore fece realizzare un ponte provvisorio fatto con botti di vino recuperate nelle case dei contadini che vivevano nei paraggi.
Poco dopo la deposizione dell’ultimo imperatore romano d’Occidente Romolo Augustolo (476 d.C.), episodio che sancisce convenzionalmente l’inizio del Medioevo, l’Isonzo tornò protagonista di un’altra importante battaglia. Nel 489 d.C., infatti, si confrontarono nei pressi del fiume Odoacre e Teodorico e la vittoria del secondo segnò l’inizio della conquista d’Italia da parte degli Ostrogoti.
Nel Quattrocento l’Isonzo fu definito dalla Repubblica di Venezia come linea di difesa nei confronti della minaccia ottomana nell’ambito della guerra turco-veneziana (1463-1479), linea che però i turchi riuscirono a superare compiendo successivamente delle scorrerie per le terre del Friuli.
Tuttavia, nella storia militare italiana l’Isonzo è noto soprattutto per le dodici grandi battaglie della Prima Guerra Mondiale, tenute in questo luogo tra il giugno 1915 e il novembre 1917. Qui correva infatti la linea orientale Italo-Austriaca, delimitata dalle trincee. Tristemente nota agli italiani, tra queste dodici, è la disfatta di Caporetto tra il 24 ottobre e il 12 novembre 1917, a seguito della quale l’esercito italiano fu costretto a ritirarsi lungo il Piave.
Un patrimonio naturalistico da scoprire e proteggere: la Riserva naturale della foce dell’Isonzo
Per le sue acque di colore verde intenso, il fiume Isonzo è anche chiamato la “bellezza di smeraldo” e considerato uno dei fiumi più belli d’Europa. Esso inoltre si contraddistingue per la presenza, nelle sue acque, della trota della specie “Salmo trutta marmoratus” (trota marmorata), ritenuta a rischio di estinzione.
Alla foce, uno dei tratti più suggestivi del fiume, è stata istituita nel 1996 un’area naturale protetta denominata Riserva naturale della foce dell’Isonzo, che si estende in un territorio compreso nei comuni di Staranzano, San Canzian d’Isonzo, Fiumicello e Grado per una superficie complessiva di 2338 ettari. Nel 2016 la riserva è stata dichiarata zona umida di importanza internazionale ai sensi della Convenzione di Ramsar.
La rilevanza di questa istituzione risiede nell’elevata biodiversità floristica del territorio e, soprattutto, per la ricchissima avifauna: la riserva è frequentata infatti da circa 300 specie di uccelli tra cui falchi di palude, cavalieri d’Italia, folaghe e germani reali. Una parte degli habitat prativi, inoltre, è gestita mediante il pascolo usando cavalli di razza Camargue e, durante l’estate, bovini di razza Limousine.
Per i visitatori la riserva offre innumerevoli percorsi di visita ed itinerari adatti tutte le esigenze: percorsi ciclo-pedonali, strade campestri per escursioni a cavallo e canali navigabili. Costituisce una parziale eccezione l’isola della Cona, dove è consentito solo il percorso a piedi, oppure a cavallo prenotando l’apposita visita guidata.
Una curiosità: la leggenda dei “tre fradei”
Secondo un’antica leggenda bisiaca detta dei “tre fradei”, un tempo Isonzo, Drava e Sava erano tre fratelli. Un giorno questi fecero una scommessa su chi tra loro sarebbe riuscito a raggiungere per primo il mare e il loro padre fornì ad ognuno dei figli uno strumento utile per completare l’impresa. Alla Drava fu dato un piccone, alla Sava un’ascia e all’Isonzo delle scarpe ferrate.
L’inizio della competizione fu stabilito per l’indomani all’alba, ma al suo risveglio Isonzo si accorse che le sorelle erano invece già partite. Furioso per l’inganno, Isonzo iniziò a colpire a calci le rocce con le sue scarpe ferrate sino a mezzogiorno quando, ormai esausto, proseguì lentamente il suo corso verso il mare.
Venuto a conoscenza della disonestà di Drava e Sava nei confronti del fratello, il padre decise di premiare l’onestà dell’Isonzo permettendo solo a lui di gettarsi nel mare, mentre le altre due sorelle avrebbero potuto sfociare solamente in un fiume più grande, il Danubio.
“I fiumi” di Giuseppe Ungaretti
In questa poesia Ungaretti s’immerge nell’Isonzo e, guardando le sue acque, ritorna con la mente indietro nel tempo, ricordando gli altri fiumi che hanno caratterizzato la sua vita: il Serchio, il Nilo e la Senna.
Mi tengo a quest’albero mutilato
Abbandonato in questa dolina
Che ha il languore
Di un circo
Prima o dopo lo spettacolo
E guardo
Il passaggio quieto
Delle nuvole sulla luna.
Stamani mi sono disteso
In un’urna d’acqua
E come una reliquia
Ho riposato
L’Isonzo scorrendo
Mi levigava
Come un suo sasso
Ho tirato su
Le mie quattro ossa
E me ne solo andato
Come un acrobata
Sull’acqua
Mi sono accoccolato
Vicino ai miei panni
Sudici di guerra
E come un beduino
Mi sono chinato a ricevere
Il sole
Questo è l’Isonzo
E qui meglio
Mi sono riconosciuto
Una docile fibra
Dell’universo
Il mio supplizio
E’ quando
Non mi credo
In armonia
Ma quelle occulte
Mani
Che m’Intridono
Mi regalano
La rara
Felicità
Ho ripassato
Le epoche
Della mia vita
Questi sono
I miei fiumi
Questo è il Serchio
Al quale hanno attinto
Duemil’anni forse
Di gente mia campagnola
E mio padre e mia madre
Questo è il Nilo
Che mi ha visto
Nascere e crescere
E ardere d’inconsapevolezza
Nelle distese pianure
Questa è la Senna
E in quel suo torbido
Mi sono rimescolato
E mi sono conosciuto
Questi sono i miei fiumi
Contati nell’Isonzo
Questa è la mia nostalgia
Che in ognuno
Mi traspare
Ora ch’è notte
Che la mia vita mi pare
Una corolla
Di tenebre.