Vi fidate delle recensioni di ristoranti che trovate sul web? Se amate la buona tavola, continuate a leggere: ne scoprirete delle belle!
Intervista a Roberto Peschiera, Quality Advisor per hotel e ristoranti
Vimado vi propone oggi un’intervista con Roberto Peschiera, per oltre 20 anni ispettore per la prestigiosa Guida Michelin e oggi Consulente e Formatore Food & Beverage per Hotel & Co., un’azienda di consulenza e management per il settore hotellerie, ristorazione e turismo.
Peschiera è anche il fondatore del gruppo “Gufo? No grazie!”, attivo su Facebook e arrivato, nel giro di poco tempo, a vantare oltre 6.600 iscritti.
Il gufo in questione, manco a dirlo, è quello che occhieggia, in maniera quasi ipnotica, da una vastissima pletora di ristoranti e trattorie di ogni genere e grado in tutta Italia: insomma, quello del logo di Tripadvisor.
“Gufo? No grazie!”, il gruppo Facebook che dà battaglia a Tripadvisor
In effetti, per uno che ha girato per professione l’Italia e l’Europa, alla ricerca di ristoranti da suggerire ai viaggiatori di tutto il continente, per conto della Guida Michelin, non deve essere piacevole constatare che oggi chiunque ha la possibilità di pubblicare su siti come TripAdvisor recensioni, anche negative, che non vengono verificate da nessuno e che vengono lette e prese per buone da migliaia di utenti. E il tutto nel più completo anonimato di chi rilascia il proprio giudizio.
Peschiera, l’informazione sulle buone cucine d’Italia è in mano a chiunque abbia accesso ad Internet. Che significa questo?
Significa che sul web si possono scrivere, e si scrivono, un sacco di idiozie. Solo che se queste idiozie riguardano un’attività come un ristorante, un albergo, un’osteria, si finisce col giocare con la pelle degli altri.
Cioè?
Ci sono tantissime attività che hanno avuto seri problemi, a causa delle recensioni negative pubblicate da sedicenti clienti su TripAdvisor. E nella maggior parte dei casi si tratta di recensioni false, inventate, quando non letteralmente comprate.
Addirittura?
C’è un mercato che la gente non si immagina, pacchetti di recensioni commissionate a redattori improvvisati, che esaltano la qualità di ristoranti scadenti e denigrano, oltre i limiti della diffamazione, oneste attività che in realtà hanno sempre soddisfatto la loro clientela.
Effettivamente, è uno dei rischi del web. Ma il fenomeno è davvero così diffuso, su TripAdvisor?
È praticamente il meccanismo principale su cui si regge il sito. Ormai gli addetti ai lavori – ristoratori e albergatori – hanno capito che la gente, ahimè, si fida ciecamente del Gufo. E allora fanno carte false per ottenere recensioni positive e commissionano dei veri raid, sotto forma di recensioni negative, contro i loro concorrenti presenti nella stessa zona.
Sembra uno scenario da Far West. E in tutto questo, lo sceriffo, cioè TripAdvisor, cosa fa?
A suo dire, tanto. Nella sostanza, nulla. Anzi, peggio: ne guadagna. Se parli con i dirigenti del sito, sembra che abbiano una task force di oltre 300 censori, che non hanno altro obiettivo nella vita che leggersi tutte, ma proprio tutte le recensioni e verificarne l’affidabilità. Ma in realtà di questi moderatori nessuno ha mai saputo nulla. È più che probabile che non esistano.
E non ci sono nemmeno meccanismi informatici, per impedire al primo venuto di gettare fango su qualche malcapitata trattoria?
Nulla, almeno stando all’evidenza. TripAdvisor parla di ben 25 filtri e di algoritmi complicatissimi che impediscono la pubblicazione di recensioni non veritiere. La verità è che se io voglio scrivere che il ristorante più chic della città fa schifo, posso farlo in 30 secondi.
È questo l’ha portata a creare il gruppo Facebook “Gufo? No grazie!”.
Esattamente. Oggi siamo più di 6.600 iscritti e ognuno fa il suo per sensibilizzare il pubblico verso i rischi che questo meccanismo perverso può comportare per i ristoratori diffamati. E anche per far comprendere alla gente la scarsa affidabilità delle recensioni pubblicate su TripAdvisor.
Ma non crede che, in piena era digitale, sia un po’ come combattere contro i mulini a vento?
Guardi, noi non puntiamo certo a far chiudere TripAdvisor, né a pretendere di mettere il bavaglio alla gente. La libertà di espressione è un valore assoluto, ma è indubbio che la libertà vada canalizzata in modo da non ledere il prossimo, sia nell’attività che ancor peggio nella persona. Noi vogliamo solo, per quanto possibile, contribuire a rendere il web un posto migliore.
E se il Garante della Concorrenza, in passato, ha già sanzionato TripAdvisor per 500.000 euro per diffusione di informazioni ingannevoli sulle fonti delle recensioni, evidentemente non ci stiamo inventando nulla.
In concreto, come cercate di vincere la vostra battaglia?
Portando alla luce le storture del sistema TripAdvisor. Cercando di capire se quello che avviene abbia anche profili di illegalità. Spiegando alle persone perché non dovrebbero fidarsi ciecamente di ciò che leggono sul web in generale e sul quel sito in particolare.
Lo sa che abbiamo provato anche a tirare qualche colpo mancino al Gufo? E purtroppo ci siamo riusciti. Dico purtroppo perché non fa che confermare la tristezza dell’attuale realtà. Ad esempio, una volta ho “inventato” e recensito il fantasioso ristorante Kashabahl in Costa d’Avorio, che in realtà non esiste: un successone, recensioni entusiastiche puntualmente pubblicate. E nessun controllo sulla veridicità. Ma d’altronde, Kashabahl è una storpiatura della parola “casciabàl”, che in milanese indica chi racconta frottole. Altri e altrettanto macroscopici fake hanno trovato “ospitalità e riconoscimento” in altre località, anche italiane: Torino, Roma, Firenze, Chiavari e mi fermo poiché la lista sarebbe davvero lunga.
Avete mai interpellato i vertici di TripAdvisor, per manifestare il vostro malcontento?
Come no. “Noi controlliamo tutto”, “non si può controllare tutto”, “ognuno è libero di esprimere la propria opinione”. Risposte così, senza alcun rispetto per chi subisce diffamazioni. E nemmeno per gli utenti: sa cosa ha pubblicamente detto uno dei massimi dirigenti di TripAdvisor durante un congresso al Tourism Think Tank di LarioFiere ad Erba (CO) ? “I nostri utenti sono incompetenti frustrati che, alla fine di giornate stressanti, magari se la prendono con albergatori e ristoratori”. Allucinante. I presenti non volevano credere alle loro orecchie.
Ma davvero c’è un mercato di compravendita delle recensioni?
Scherza? Qualcuno lo chiama persino marketing, al limite è solo marketting, con due “t”. Ho visto con i miei occhi gente spacciarsi per “ispettore” di TripAdvisor (qualifica che non esiste al mondo) per ottenere sconti sul pranzo, minacciando una recensione molto negativa in caso di rifiuto da parte del titolare. Un ricatto. In 20 anni di Guida Michelin non ho mai tratto vantaggi di questo tipo dalla mia professione, tant’è vero che il primo requisito era recarsi nel locale nel più completo anonimato, e spesso andarsene allo stesso modo.
Però l’anonimato finiva lì. Quando facevamo i nostri rapporti e le nostre recensioni, ogni singolo parere era ricollegabile a un ispettore determinato. Invece TripAdvisor è il regno della vigliaccheria: si spara a zero su chiunque, nascondendosi dietro un nome di fantasia. I più eclatanti, così a memoria : una tale, imbarazzante, “Labbradifuoco88” e l’altro indeciso “Panda124” (deciditi egregio Signore, o sei Panda o sei 124!)
In conclusione, cosa si sente dire a chi ci legge?
Che occorre usare internet con capacità critica, senza prendere per buono tutto ciò che vi si legge. E non solo internet: anche l’adesivo del gufo fuori dei locali non dovrebbe incantare più di tanto. Lo sa che TripAdvisor assegna il suo “Certificato di Eccellenza” anche a chi ottiene 4 voti su 5? Che eccellenza è, quella che non ottiene il massimo dei voti?
Da ultimo, mi auguro che in futuro, per pubblicare recensioni su siti di questo genere diventi obbligatorio uscire dall’anonimato, pubblicando il proprio nome e cognome e magari anche lo scontrino fiscale che attesti che uno, in quel locale, ci è stato veramente.
Rendere le recensioni verificabili e internet un posto più credibile: è questa la richiesta e l’obiettivo di “Gufo? No grazie!”, ne va del lavoro e spesso della vita di migliaia di persone, prese di mira da grafomani, in cerca di vendetta o di un momento di effimera gloria.