Gabriele D’Annunzio pilota eroico e la Prima Guerra Mondiale

Gabriele D’Annunzio pilota eroico
Gabriele D’Annunzio pilota eroico

D’Annunzio amava i “vivere inimitabile” e dunque non poteva che farsi rapire dal fascino del volo. Il Vate nella Grande Guerra ha dato il meglio di sé come pilota e come eccezionale infiammatore d’animi, e cioè uomo di “propaganda”, anche se oggi il termine suona desueto.

Incredibile che abbia volato tanto senza mai prendere il brevetto di pilota. Il suo battesimo di volo come passeggero è del 1909 nel Primo Circuito Aereo Internazionale a Brescia. Da lì parte il suo entusiasmo che lo spinge a tenere una serie di conferenze aviatorie nel nord d’Italia, con l’intento di far conoscere le potenzialità del mezzo aereo.

Quando scoppia la Prima Guerra Mondiale D’Annunzio ha già compiuto i 50 anni ma non demorde e vuole essere un combattente. Ottiene un ampio sostegno sia dal Comandante Supremo, Luigi Cadorna, che lo autorizza a percorrere in lungo e in largo il fronte, con il grado di Tenente dei Lancieri di Novara, sia dal Ministro della Marina. Insomma D’Annunzio può prendere parte a combattimenti per terra, per mare e nei cieli.

Proprio con gli aerei della Marina inizia la sua esperienza di aviatore. Nel 1815 sale su un idrovolante, pilotato dal Tenente di Vascello Miraglia, per un’azione dimostrativa sopra Trieste e lancio di volantini.

Il 20 Settembre, anniversario della Presa di Porta Pia, D’Annunzio è in volo su Trento.

Questa città riveste per gli italiani un profondo valore simbolico, come Trieste, in quanto ancora in mano all’Austria ma considerata territorio da annettere all’Italia per completare quel sogno risorgimentale che voleva l’unità della penisola. I giornali danno molta enfasi a queste azioni.

Lo scopo è di avvalorare l’interventismo italiano come una scelta morale sorretta dal patriottismo e dalla volontà di potenza nazionale espressa da un poeta-eroe, cioè da D’Annunzio. Ecco il messaggio dei volantini uscito dalla penna del vate: “Trentini, gente nostra d’amore e di dolore, fratelli di Dante eterno, oggi è la prima festa romana dell’unità verso l’Italia…” Il testo è lungo e patriottico e viene lanciato da un fiammante Maurice Formam che volteggia sulla città.

D’Annunzio con lo stesso spirito vuole organizzare un volo su Zara ma il progetto viene rimandato. Partecipa intanto a molti voli di ricognizione e purtroppo ha un incidente con il suo aereo che cade in mare. Lui batte la testa contro la mitragliatrice e perde l’occhio destro con il rischio di perdere anche quello sinistro.

Costretto a letto, al buio, per un lungo periodo, intristisce anche se vuole riprendere a volare e intanto scrive su striscioline di carta le sensazione ed i ricordi del Notturno (pubblicato poi nel 1921).

Ecco la sua prosa:

”non so se io abbia più sete di acqua o più sete di musica o di libertà.
Sento il sole dietro le imposte, sento che c’è un afa di Marzo chiara e languida sul canale. Sento che è bassa marea. La primavera entra in me come un nuovo tossico. Ho le reni dolenti in una sonnolenza rotta di sussulti e tremori.
Ascolto.
Lo sciacquio alla riva lasciato dal battello che passa, i colpi sordi dell’onda contro la pietra grommosa.
Le grida rauche dei gabbiani, i loro scrosci chiocci, le loro risse stridenti, le loro pause galleggianti.
Il battito di un motore marino.”…

Nel 1917 D’Annunzio si cimenta in due memorabili imprese belliche : il bombardamento aereo di Pola per distruggerne il porto e quello di Cattaro, in Dalmazia, per colpire le grandi navi della base portuale austroungarica.

D’Annunzio vuole fortemente organizzare un volo anche su Vienna per lanciare volantini. Si tratta di un’impresa rischiosa ma di grande effetto in termini di propaganda in quanto il volantino contiene il seguente messaggio:”l’ala d’Italia sopra la capitale dell’Impero nemico afferma il suo predominio nell’aria incontrastato e dimostra la sua nuova potenza ormai insuperabile”.

D’Annunzio preme sugli Alti Comandi per ottenere il nulla osta, ma il volo su Vienna dovrà attendere. Finalmente il vate diventa Comandante della squadra aerea di San Marco ed il 9 Agosto 1918 si trova in testa ad uno stormo di 11 aerei. Vienna è a 1000 chilometri di distanza ma l’impresa è degna dello spirito dannunziano assetato dell’anticonformismo eroico che gli è proprio. Dal cielo viennese piovono sulla città quarantamila volantini con parole del D’Annunzio in italiano e altri trecentocinquantamila in tedesco. Il testo tedesco è opera del Commissario per la Propaganda sul Nemico , Ugo Ojetti, e recita:” noi voliamo su Vienna, potremmo lanciare bombe a tonnellate, non vi lanciamo che un saluto a tre colori: i tre colori della libertà.”

L’impresa di Vienna è eccezionale sotto il profilo aeronautico e come tale viene riportata dalla stampa internazionale con grande eco, al punto che le stesse autorità austroungariche vorrebbero potersi vantare di un proprio D’Annunzio austriaco.

La sera stessa del 9 agosto 1918 a Vienna un volantino tricolore raccolto per strada viene acquistato per ben 500 corone.

Si è detto che Gabriele D’Annunzio aveva una particolare abilità di infiammare gli animi e nell’usare la propria versatilità a favore dell’interventismo. Notevoli a questo proposito i discorsi ed i messaggi per l’Impresa di Fiume raccolti nei due volumi della sua opera “Penultima Ventura”.

Il brano riportato fa parte del discorso di D’Annunzio a quei legionari che si erano radunati prima a Ronchi (chiamato poi Ronchi dei Legionari) in Friuli e successivamente erano partiti per Fiume (12 Settembre 1919).

“Ufficiali di tutte le armi, vi guardo in faccia. Alcuni ora conosco, altri io riconosco. I vostri nomi e i vostri aspetti sono incancellabili dentro di me. Non li dimenticherò più mai.

Fin da questo attimo di sosta voi siete miei. Interamente vi considero miei e perdutamente come i Sette Giurati della terra di Ronchi omai lontana dietro di noi co’ suoi vivi, ma prossima a noi sempre co’ morti del suo campo santo: miei come quelli che il dì trentuno d’Agosto in Udine giurarono sopra due bandiere e sopra un’arma corta.

Non era un di que’ pugnali detti spezzaspade, che il duellante alla disperata portava nella mano manca?

Mi piace d’immaginarlo.

Ecco il mio gagliardetto blu, con le 7 stelle dell’Orsa: quel di Buccari e Vienna, di Pola e di Cattaro. Oggi è il più magnetico delle due bandiere.
Giuriamoci.
So che la barra di Cantrida guardano i moschetti e le mitragliatrici delle tre Potenze, ma anche dell’italia spuria.
Spezzeremo la barra.
Io sarò innanzi. Primo.
Ufficiali di tutte le armi, ognuno a capo della sua gente e delle sue macchine, vi saluto. “ eia, carne de’ Carnaro!
Alalà”

12 Settembre 1919 ( da “L’orazione piccola in vista del Carnaro” nella raccolta “Penultima Ventura”).

Si nota come ne “L’orazione piccola in vista del Carnaro” vengono citati oggetti rituali che poi verranno adottati dal Fascismo: pugnale, gagliardetto. Anche l’ovazione “Eia Alalà!” sarà tipica dei fascisti. Per la precisione “Eia” è un interiezione latina, “Alalà” è un grido di guerra greco ed è citato dal Pascoli. D’Annunzio aveva già messo insieme i due elementi in un discorso agli aviatori del 19 Maggio 1919.

Si veda : G. Contini, la letteratura Italiana, Sansoni 1974

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