Aquila e cicogna in volo su Aquileia: leggende sulla fondazione e distruzione della città

leggenda sulla fondazione di Aquileia
leggenda sulla fondazione di Aquileia

Secondo una nota leggenda la fondazione di Aquileia venne fatta dai Romani nel 181 a.C.

Mentre con l’aratro venivano tracciati i solchi, che avrebbero delineato il perimetro della colonia, comparve improvvisamente in cielo un’aquila, che prese a volare splendidamente in modo concentrico.

Il suo volo sovrastava dall’alto quella che sarebbe stata l’ubicazione di Aquileia. Il volo del rapace fu interpretato come un buon auspicio per la nuova città.

Qualcuno sostiene che Aquileia tragga il suo nome proprio dall’aquila.

Un cattivo auspicio per gli abitanti fu, invece, una cicogna vista scappare via da Aquileia nel 452. La cicogna aveva fatto il nido sulle mura della città e improvvisamente raccolse i suoi piccoli e fuggì, quasi presa da un presentimento di distruzione.

Il volo della cicogna fu notato da lontano anche dal capo degli Unni, Attila, che pensò a quello come a un buon auspicio per i suoi soldati che bramavano di distruggere Aquileia e di arricchirsi  con il bottino ricavato.

L’arrivo di Attila, che si avvicinava alla città, fu annunciato da un forte vento che scoperchiò i tetti e divelse cespugli e alberi, sconvolgendo le campagne. La popolazione aquileiese, già spaventata dalla fama distruttiva che precedeva l’arrivo dell’esercito Pannonico, capì che non avrebbe resistito alle barbarie di Attila.

Pensò così ad un tranello: durante l’oscurità della notte mise una serie di fantocci, vestiti da soldati, sulle mura cittadine.

Contemporaneamente gli abitanti di Aquileia si sporcarono la faccia di fuliggine, indossarono abiti scuri e, su imbarcazioni nere, fuggirono silenziosamente dal porto fluviale in direzione dell’Isola di Grado.

Attila scoprì i fantocci delle mura solo quando si avvicinò alla città, rendendosi conto di essere stato beffato. Entrato in Aquileia la vide vuota di ogni segno di vita, così si affrettò al porto ma non trovò neppure un’imbarcazione.

Cercò di inseguire i fuggiaschi spronando il suo cavallo a scendere in acqua ma il cavallo s’impennò, confermando ulteriormente che ormai tutto era perduto. Fu a quel punto che il capo degli Unni , schiumante di collera, ordinò ai suoi di distruggere ogni cosa, confermando ai contemporanei la sua nomea di “flagello di Dio”.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui