Udine Capitale della Grande Guerra

Nel 1914 ha inizio la Grande Guerra, alla quale l’Italia partecipa dal 1915 coinvolgendo in modo particolare Udine e il suo territorio.

Le conseguenze di questo conflitto mondiale portano alla scomparsa dell’Impero Austro-Ungarico con il tramonto dell’800 e dei suoi ideali, oltre al profilarsi di nuovi stati che ridisegnano i confini europei.

I costi dell’assetto territoriale postbellico sono oltre 10000 morti e ingenti debiti di guerra per le nazioni sconfitte. Soprattutto all’inizio la quasi totalità delle battaglie tra Italia e Austria si svolgono entro i confini friulani: Udine diventa la Capitale della Guerra ospitando la sede del Comando Supremo delle Forze Italiane.

Il 24 Maggio 1915, dopo aver spedito un ultimatum all’Austria-Ungheria, il Regno d’Italia scende in campo a fianco della Triplice Intesa (Gran Bretagna, Francia e Russia).

Il Re Vittorio Emanuele III proclama: “l’ora solenne delle rivendicazioni nazionali è suonata. Seguendo l’esempio del mio grande avo, assumo oggi il Comando Supremo delle Forze di Terra e di Mare con sicura fede nella vittoria”.

Il Re per seguire le azioni militari si trasferisce vicino ad Udine a Villa Linussa di Torreano di Martignacco. Per l’occasione Villa Linussa prende il nome di Villa Italia.

Il Generale Luigi Cadorna, nuovo capo di Stato Maggiore, è figlio di Raffaele Cadorna che nel 1870 ha condotto l’Esercito Regio alla presa di Roma.

Sia il Re che Cadorna vogliono portare a termine il sogno risorgimentale dell’Unità d’Italia annettendo il Trentino con Bolzano, Gorizia, Gradisca d’Isonzo, Monfalcone e Trieste oltre all’Istria, buona parte della Dalmazia e se possibile il protettorato sull’Albania, le isole del Dodecanneso con l’aggiunta di eventuali possessi coloniali in Asia e in Africa.

Come si è detto il Generale Cadorna insedia il Comando Supremo a Udine, nel Regio Ginnasio Jacopo Stellini in Piazza I Maggio.

Sul fronte vengono schierati 500.000 uomini contro 80.000 dell’avversario e inizia la prima delle 12 Battaglie dell’Isonzo.

Cadorna è un capo militare di tipo dittatoriale che predilige l’attacco frontale, dà ordini ambigui che consentono, nell’eventualità, di discolparsi e attribuire ad altri le responsabilità sgradite. Oltre a ciò terrorizza l’esercito pretendendo obbedienza e disciplina ferrea.

I successi conseguiti nella prima battaglia dell’Isonzo sono limitati e irrilevanti. Lo scopo è impadronirsi del Monte Podgora, del Kuk, oltre che di Plava e del Carso. Nella realtà sono conquistate solo alcune zone dell’altopiano carsico, Vermigliano e Selce.

Seguono, come noto, altre 11 battaglie sull’Isonzo: il Monte San Michele viene perso e ripreso più volte, la situazione ristagna, cominci la logorante guerra di trincea che strema l’esercito.

Via via si arriva al 24 Ottobre 1917. La zona di Caporetto, alle spalle di Cividale, a pochi chilometri da Udine, viene indicata dai servizi di ricognizione e da altre fonti come territorio prescelto dal nemico per un possente attacco congiunto Austro-Ungarico e Tedesco.

Luigi Cadorna sottovaluta le informazioni e rassicura il Governo, preoccupato dalle voci di un attacco a sorpresa.

In realtà l’area di Tolmino è conquistata dall’avversario con l’uso di gas. L’offensiva nemica sfonda le linee Italiane, dilaga nel fondovalle e conquista Caporetto. Cadorna, che fatica a credere alla tremenda sconfitta degli Italiani, ordina l’arretramento al di qua dell’Isonzo. Intanto il Comando Supremo da Udine si trasferisce a Padova e poi a Treviso.

Il 26 Ottobre il Comando di Tappa si è già trasferito da Cividale (Palazzo Craighero) ad Udine, in Palazzo Florio. Tutti sono allertati, giorno e notte c’è un via vai di gente e di moto. Le notizie dal fronte sono sconvolgenti.

Sempre il 26 Ottobre la popolazione di Udine non è ancora del tutto consapevole. L’atmosfera sembra sospesa ed è ben descritta dalle parole di Ardengo Soffici, letterato e soldato. Nel suo diario di guerra scrive:

mi ero immaginato di trovare, uscendo, la città (Udine) in preda al panico e al disordine: l’ho trovata invece abbastanza calma, ancorché molto si sappia di quello che accade. Un movimento più vivo del solito per le strade, gente che s’interroga, che ci guarda con curiosità, che ronza intorno al Municipio, agli uffici; ma nulla di più. La bella giornata aumenta l’aria di ottimismo, per me inaspettato.
Con il Tenente Lorenzoni abbiamo fatto quattro passi prima d’andare la Comando. Le botteghe sono tutte aperte, e i negozianti fanno i loro affari come la solito.
Soltanto una giovane merciaia, che il mio collega conosce, se ne stava sull’uscio del suo negozio con un viso d’ansia, come spiando gli avvenimenti della strada. Lorenzoni le ha domandato scherzando che cosa facesse li, con quella faccia.
– aspetto mio padre per partire
ha risposto secca.
– e dove va?
– non so. Via.
– e perchè vuol partire?
– Perchè ho paura. Voialtri non dite niente; ma fra poco saranno qui
abbiamo rassicurato anche lei

Sempre il 26 Ottobre, nel pomeriggio, Vittorio Emanuele III lascia Villa Italia di Torreano e prende il treno per Roma.

Ma già il 27 e il 28 le forze Austro-Tedesche entrano a Cividale ed a Udine. Mentre il nemico incalza il Friuli è percorso da una marea di soldati sbandati e di profughi ed a Udine c’è il caos.

Il 28 Ottobre Cadorna dirama un bollettino di guerra criminoso perchè accusa i reparti impegnati sul fronte dell’Isonzo di una resa vigliacca come se non si fossero impegnati in combattimento. Si tratta di parole ingenerose che negano tanti atti di eroismo dei nostri a fronte di una vera impreparazione tattica ed inferiorità in armamenti rispetto agli Austro-Tedeschi, da attribuirsi all’Alto Comando Italiano e non certo ai reparti della Seconda Armata incriminati.

Il 4 Novembre le forze Austro-Ungariche tedesche continuano ad avanzare e sfondano la linea Italiana disposta sul Tagliamento. Cadorna ordina il ripiegamento sul Piave.

Il 9 Novembre, su pressione degli alleati, il Generale Luigi Cadorna è deposto  dall’incarico di Capo di Stato Maggiore dell’Esercito ed è sostituito dal Generale Armando Diaz.

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