Il Sottotenente Gianfrancesco Giorgi e il brillamento del Ponte del Diavolo di Cividale

brillamento Ponte di Cividale
brillamento Ponte del Diavolo di Cividale

Dopo la disfatta di Caporetto uno dei primi ponti a saltare è il Ponte del Diavolo per ritardare la veloce avanzata degli Austro-Tedeschi verso la pianura friulana.

Il 24 Ottobre 1917 già parte del nostro fronte viene travolto e si calcola che le prime perdite italiane di questo giorno drammatico ammontino a 40.000 uomini. Il 25 Ottobre Plezzo e Tolmino cadono in mano nemica a cui segue la conquista austro-tedesca delle vette che si trovano dietro Cividale, e cioè alle spalle della pianura friulana. Il 27 si spara ancora su Castelmonte e sul Purgessimo ma l’esercito Italiano ormai indietreggia, se pur con esempi di valorosa resistenza.

Intanto a Cividale gli ufficiali ed il personale del Comando di Tappa lasciano la città dopo aver dato l’incarico all’aspirante del Genio Giorgi di far saltare il Ponte del Diavolo sul Natisone e i binari della ferrovia Cividale-Udine. Nel contempo al maresciallo Manara viene dato l’ordine di incendiare l’importante deposito di munizioni che si trova nella chiesa di San Francesco.

Chi era Gian Francesco Giorgi? Un friulano di 19 anni, nato a Chiusaforte, nella vallata carnica detta Canal del Ferro, che si era diplomato perito agrimensore. Il giovane aveva fatto il Corso Ufficiali a Torino ed era entrato nel V° Genio del 22° Minatori.

Era giunto a Selice, vicino a Caporetto, solo l’11 Ottobre, ed il 27 ottobre, tre giorni dopo lo sfondamento di Caporetto, si trovava a Cividale con l’impegnativo compito di far brillare il Ponte del Diavolo.

Questo ponte era sempre stato una struttura importante per i cividalesi, oggetto di un’antica leggenda e cuore della stessa cittadina, che si era allargata tra le due rive del Natisone unite da questa sola via di collegamento. Il sottotenenete Giorgi era ancora intento a completare il suo lavoro quando i Tedeschi erano entrati a Cividale, ma purtroppo non gli era ancora giunto l’ordine definitivo dal Comando di fare saltare il ponte.

Il giovane Sottotenente in attesa di quest’ordine, che mai sarebbe arrivato, ligio al rispetto dell’autorità, si fermava con la sua pattuglia pronto ad agire a ridosso di casa Coccolo (accanto al ponte). Alle 15:45 il nemico era ormai visibile nella vicinissima Piazza Duomo. Il Giorgi, che non poteva più attendere, faceva scoppiare una mina ed il ponte precipitava con un boato. Intanto continuava, ma non per molto, la sparatoria tra Italiani e Tedeschi all’interno della città.

La mattina del 28 pioveva a dirotto. Don Liva, Canonico cividalese, assieme a Monsignor Costantini e a Monsignor Turco uscivano dal Monastero delle Orsoline per recarsi a visitare gli ammalati distribuiti tra varie strutture adibite ad ospedale. Mentre i tre prelati erano giunti in fondo a Via del Monastero, Don Liva sentiva una voce fioca che chiedeva soccorso e accorreva sul luogo da cui proveniva il richiamo. Ecco, sotto un piccolo attrio di casa Coccolo, gli appariva una scena pietosa: due soldati, e cioè il Giorgi e un suo sottoposto, si trovavano immersi nell’acqua piovana, diventata rossa del loro sangue giacché erano stati entrambi feriti alle gambe nella sparatoria del giorno precedente.

Immediatamente Don Liva si procurava una barella, Monsignor Costantini si adoperava per collaborare al trasporto di  un ferito alla volta e Monsignor Turco riparava il poveretto con l’ombrello, data la pioggia torrenziale.

Il Giorgi chiedeva che venisse trasportato per primo il soldato e nella sede del Monastero delle Orsoline chiedeva ancora che il soldato venisse medicato prima di lui. Questo valoroso giovane carnico, Gianfrancesco Giorgi, morirà dopo due giorni e verrà insignito di una medaglia al valore dopo la sua morte.

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