Il Coronavirus: lo stato d’animo di paura e il ricordo della guerra

paura del coronavirus
Nella foto il dipinto "urlo di Munch"

Quale analogia ci può essere tra una grave perdita in battaglia, con migliaia di morti, ed un’epidemia da Coronavirus?

Caporetto rappresenta ancora, nel linguaggio comune, un termine che indica la sconfitta per eccellenza, anzi, una sconfitta irreparabile.

Ricordiamo che migliaia di soldati sono stati falciati sui campi di combattimento sia dai gas tossici, sia dal cannoneggiare delle bocche da fuoco ma anche dalle nuove tecniche di assalto tedesche. Il Coronavirus, paragonato dall’opinione pubblica ad una guerra, ha colpito il Friuli Venezia Giulia con minor violenza rispetto ad altre regioni, come Lombardia e Veneto, ma non siamo ancora alla resa dei conti.

La popolazione è stata allertata dalle ordinanze regionali e da quelle nazionali a non abbandonare il proprio domicilio se non per ragioni di necessità, salute, lavoro. Al momento, e cioè il 26 Marzo 2020, le statistiche parlano di centinaia di contagiati e morti.

Durante la Grande Guerra l’esercito sabaudo, stanziato sul confine orientale d’Italia, era costituito da uomini abili alle armi, ma anche da giovani volontari, provenienti da tutta Italia. La popolazione colpita da Coronavirus è costituita per lo più da residenti nella nostra bella regione. Non si possono paragonare le statistiche perché i due campioni di popolazione, messi a confronto, hanno caratteristiche molto diverse. Ma ci sono emozioni di noi tutti, messi difronte alla catastrofe ed al rischio di morte, che  sono simili: paura, smarrimento, angoscia per il futuro, ma anche un iniziale evidente sentimento di sottovalutazione del pericolo.

Prima del 24 Ottobre l’Alto Comando italiano aveva avuto notizia di un probabile attacco dell’esercito austriaco a cui si erano uniti contingenti imperiali.

Leggiamo il diario di Ardengo Soffici, ufficiale della Seconda Armata, che riferisce un discorso del generale Capello, fatto il 16 ottobre, riguardo la notizia di un’ offensiva austro-tedesca: “già! pare che vogliano attaccarmi ed io non domando di meglio, vuol dire che prenderò anche dei tedeschi per la mia collezione di prigionieri; e cercheremo di pigliarne molti…” (La ritirata dal Friuli, editore Vallecchi, Firenze, 1934).

Anche l’Italia, alle prime notizie del contagio in Lombardia, si era illusa di poter contenere l’epidemia e lo stesso Premier Conte si era, poi, dichiarato sorpreso dalla velocità di diffusione.

Ecco la sottostima del pericolo, che è uno dei meccanismi psicologici di difesa dalla paura, e poi la sorpresa, che è l’emozione associata all’ avvicinarsi concreto del rischio di morire. Non si è sorpresi per la presenza dalla morte nel destino umano, ma per l’avvicinarsi della propria morte, soprattutto se non si è già preparati alla propria fine da una grave malattia in corso. La morte in combattimento, al pari della morte di Coronavirus, arriva inaspettata come una granata, un colpo di fucile, una scheggia vagante. Si diffonde un sentimento di panico, si scappa dalle zone di contagio, come si diserta dai luoghi di combattimento o ci si ritira in massa verso territori più sicuri.

Poi ci sono le reazioni aggressive della gente, le pretese assurde… sempre dal diario di Ardengo Soffici leggiamo le annotazioni su una casa da cui uscivano “le strida di una donna che accusava … (i soldati) … di averle rubato una macchinetta con la quale suo marito si faceva la barba …” ed aggiunge “l’insieme di quello spettacolo, dove l’ostilità della natura e degli uomini concorrevano ad abbattere i corpi e mortificare gli spiriti, mi ha messo nell’animo un cupo senso di angoscia.”

Anche in epoca di Coronavirus si assiste ad espressioni politiche e civili di aggressività inopportuna. I dibattiti televisivi e  le polemiche sui social, oltre alla diffusione di fake news, amareggiano i cuori. Quello spirito di unità nazionale e solidarietà, che aiuterebbe la nostra forza di resistenza, spesso vien meno. Si palesa l’egoismo individuale, condito con abili capacità di sfruttare la situazione di pandemia per trarne vantaggi economici. Giustamente il Coronavirus viene paragonato a una guerra. Entrambi sono emergenze tragiche di vasta portata le cui conseguenze toccano il rischio di morte, la crisi economica ma anche dinamiche sociali distruttive che rivelano la natura ostile dell’umanità, già evidenziata nel mondo latino con la celebre massima: homo homini lupus. L’uomo sa essere feroce con i suoi simili. Inoltre viene qualche  pensiero sull’unità europea che rivela profonde crepe e che vede contrapposti Austria, Germania e altri paesi del nord Europa all’Italia ed alle nazioni economicamente più fragili.

L’Europa ci tutelerà?

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