Il Museo Civico di Gemona, nato dopo il terremoto del 1976, è sito in Palazzo Elti.
Esso ha un precedente nell’antica Gemona e cioè una raccolta di oggetti di rilevanza storica e artistica iniziata grazie alla Biblioteca Comunale, già nell’800, che però non è mai stata esposta in forma museale.
Il terremoto del 1976 causò, com’è noto, un disastro senza pari nella cittadina di Gemona ed in gran parte del Friuli.
Nella fase di ricostruzione fu necessario raccogliere, catalogare, restaurare molte opere d’arte, tra cui quelle provenienti dalla chiesa gemonese di San Giovanni Battista e dalla chiesa della Beata Vergine delle Grazie, mai più ricostruite. Dalle macerie di questi edifici sono stati recuperati dipinti, ma anche frammenti di altare, sculture e arredi sacri.
All’epoca interventi volti alla tutela dei beni culturali mobili del territorio sono stati promossi dal Museo Diocesano d’Arte Sacra, dalla Regione e da altre istituzioni pubbliche e private.
Le operazioni di recupero del patrimonio d’arte del Friuli ha permesso di riportare alla luce non solo le opere più importanti ma anche quelle che costituiscono il così detto “patrimonio artistico minore”.
La Soprintendenza per i Beni Ambientali Architettonici, Archeologici, Artistici e Storici del Friuli ha svolto, a sua volta, negli anni un sorprendente lavoro di restauro caratterizzato da varie tipologie e metodi.
Dopo tanto lavoro finalmente nel 2003 il Museo di Gemona ha esposto una selezione di opere d’arte tra quelle sopravvissute al sisma del 1976. Prevalgono i dipinti su tela e su tavola, ma si possono ammirare anche interessanti sculture lignee policrome e frammenti di affresco.
Merita attenzione la Madonna con Bambino di Cima da Conegliano (1496). Si ritiene che il dipinto sia il modello di una serie di opere che ripropongono il medesimo tema in cui il bambino seduto in grembo alla Madonna tende la mano per accarezzare la guancia della madre. La Madonna Morelli del Pittore Giovanni Bellini che si trova a Bergamo presso l’ Accademia Carrara, costituisce sicuramente un’antecedente, ma Cima da Conegliano non rinuncia ad alcune varianti personali. Ritrae la Madonna a mezza figura e dipinge una morbida tenda dietro la vergine al posto del drappo liscio. Con questi accorgimenti e con uno stile personale viene meno la rigidità delle Madonne Belliniane e si aggiungono alla rappresentazione della madre e del figlio sfumature di umanità e tenero contatto.
Pregevole è la Sacra Famiglia con Santa Elisabetta di Pellegrino da San Daniele (1467-1547). La Vergine, che tiene in braccio Gesù, è seduta su un trono marmoreo, circondata da un’architettura in stile corinzio, mentre il bambinello non rivolge l’attenzione alla madre ma si sporge verso San Giuseppe. Questi ha un abbigliamento singolare in quanto indossa una corte veste, un mantello rosso ed ha i piedi calzati da sandali. Si appoggia ad un bastone e dona a Gesù un uccellino. Santa Elisabetta sembra incitare chi guarda il dipinto alla preghiera mentre la Santa Regina veste un abito dal brillante effetto coloristico.
Molto interessanti sono La Presentazione di Gesù al Tempio di Melchior da St. Paul (1525 circa), San Paolo, La Sibilla ed altre tempere su tavola di Gaspare Negro (in Friuli dal 1503 al 1544), 35 tempere su tavola di Pomponio Amalteo (Motta di Livenza 1505 – San Vito al Tagliamento 1588). Si possono ammirare una Madonna con Bambino in Trono , due sculture linee del terzo-quarto decennio del XVI secolo, attribuite ad una bottega Frulana probabilmente nella cerchia di Antonio Tironi, una Crocifissione tra la Vergine Santa Maria Maddalena e San Giovanni Evangelista attribuita a Iacopo Negretti detto Palma il Giovane (Venezia 1548-1628).
L’elenco qui riportato non è ovviamente completo ed ha lo scopo di suscitare l’interesse del visitatore che incontrerà in questo Museo altri maestri: Secante Secanti (1571-1636), Giovanni Antonio Agostini (Fileis di Zulio 1550 – Udine 1631), Vincenzo Lugaro (1565/70 – Udine 1620) e autori di scuola tedesca come Franz Joseph Spiegler (1691-1757) fino ad autori del 1900.
Storicamente degni d’interesse sono anche i ritratti che rappresentano il lascito di Giandaniele Elti di Rodeano al Museo di Palazzo Elti oltre a frammenti di affreschi salvati dal terremoto.