Via Giuseppe Caprin venne dedicata a questo personaggio a una settimana dalla sua morte (17 ottobre 1904).
È quella strada che un tempo veniva indicata come erta a San Giacomo e che collega Piazza Puecher a Via del Molino a vento.
Li il Caprin aveva vissuto in una casa che nel corso del ‘900 era stata venduta ed adibita anche ad usi non abitativi: era diventata sede di un gruppo fascista, poi di un gruppo di partigiani, poi era diventata Commissariato di Pubblica Sicurezza e ancora una succursale dell’Università di Trieste.
Ma chi era Giuseppe Caprin?
Un cittadino benemerito, nato a Trieste nel 1843, che si era formato presso l’Accademia di Commercio ed aveva da subito scoperto la sua passione per il mondo del giornalismo e per la storia.
A lui dobbiamo il volume Il Trecento a Trieste che racconta, anche in forma un po’ romanzata, questo secolo d’oro per la città, che nel 1382 optò per passare sotto la protezione degli Asburgo e vi rimase fino alla fine della Prima Guerra Mondiale (1918).
Il paesaggio medievale del territorio triestino viene tratteggiato da Caprin in modo suggestivo con riferimenti a colture che potevano avere anche un uso terapeutico, come i melograni e la liquirizia.
“Carlo Magno nei suoi capitolari”, così scrive, “ordinò alle chiese ed ai conventi di curarne la coltivazione, giacché i fiori o balauste, e le scorze dei primi ed il succo della seconda servivano a preparare due farmaci, allora in voga, per le malattie dei bambini”.
La Tergeste del XIV secolo, racconta il Caprin, era un città di piccole dimensioni, circondata da mura che avevano lo scopo di difendere i suoi abitanti dai pericoli esterni, ma anche da quelli interni.
Di notte c’erano delle ronde da parte di gendarmi che dovevano mantenere l’ordine controllando soprattutto le donne dai facili costumi, i giocatori d’azzardo ed i forestieri.
Giuseppe Caprin ci parla delle Confraternite di Trieste indicando quella del Ss Sacramento come la più antica, la cui costituzione si ebbe intorno al 1260. Questa confraternita era anche detta “dei Battuti” perché i suoi membri si flagellavano a torso nudo e con il volto coperto.
Poi c’erano le Confraternite laiche, come quella dei nobili, che volevano mantenere la loro posizione separata dalle altre classi sociali, anche nelle cerimonie e nelle feste religiose.
Non mancavano le Confraternite dei pescatori e dei marinai, oltre a quelle con caratteristiche militari, dotate di balestra, arma che poteva servire alla difesa di attacchi esterni, nel caso in cui Trieste fosse stata assediata.
Il clima politico cittadino era caratterizzato da due diverse idee di potere. L’una voleva che il comando della città fosse assegnato al Consiglio Comunale, sul modello di Venezia. L’altra vedeva nei Nobili il gruppo dominante e in particolare si caldeggiava la figura di un “Signore” che potesse guidare il Comune, sul modello delle Signorie di Verona o di Padova.
Intanto nel ‘300 Trieste vedeva cresciuta di molto la sua popolazione e quindi anche la sua immagine e la sua appetibilità da parte dei potenti confinanti. Sia Venezia, sial il Patriarca di Aquileia volevano esercitare il loro controllo su Trieste.
Venezia fece guerra ai triestini nel 1368 con lo scopo di dominare una città posta al nord del mare Adriatico, al centro di un golfo interessante per la posizione strategica e la possibilità di traffici.
Vennero firmati, da pare di Trieste, nuovi patti di subordinazione alla Serenissima, ma si accese anche il desiderio di sgusciare da questa dominanza a favore di un protettorato austriaco.
Disgraziatamente i Duchi d’Austria non concessero un aiuto armato ma solo la possibilità di trattative ed accordi. Purtroppo Trieste dovette sottomettersi a Venezia, in attesa di una prossima occasione.
Questa si presentò con la guerra di Chioggia, in cui Venezia fu sconfitta dai genovesi, ed aprì a Trieste la nuova possibilità di cercare l’alleanza di un forte protettore.
I triestini tentarono di ottenere l’appoggio del Comune di Udine, della signora Carrarese di Padova, dei signori di Zara, del Patriarca di Aquileia. Quest’ultimo avrebbe potuto diventare un buon alleato ma le trattative si interruppero per l’improvvisa morte, nel 1381, del Patriarca Marquardo.
Nell’Agosto del 1382 finalmente si ufficializzò il protettorato dei Duchi d’Austria che, da subito, portò vitalità a Trieste. Nella città si rinforzò il gruppo dei patrizi locali che accentuarono una specie di governo oligarchico sotto il dominio degli Asburgo.
Dal 1382, per molti secoli, la famiglia degli Asburgo segnò il destino dei triestini. Durante i primi anni del 1400 il Patriarcato come Istituzione temporale finì ed il territorio friulano e giuliano rimasero divisi tra Austria e Venezia, senza grossi turbamenti di confini.
Per chi volesse approfondire questi argomenti si consiglia la piacevole lettura della Storia di Trieste dalle origini ai giorni nostri, il cui autore è il triestino Nicolò Girardi, nato a Trieste nel 1984.