Tarvisio e la Val Canale: cenni storici dalla preistoria al secondo dopoguerra

Tarvisio e la Val Canale
Val Canale

Il territorio di Tarvisio e dell’intera Val Canale, oltre ad essere di grande interesse naturalistico, è ricco di testimonianze storiche. La presenza umana nella zona, dapprima sporadica e poi stanziale, iniziò ancora in epoca preistorica, e nei secoli la regione ha visto susseguirsi la dominazione romana, l’amministrazione plurisecolare del vescovo di Bamberga, la presenza napoleonica e asburgica ed infine, dopo la prima guerra mondiale, il passaggio all’Italia. Dopo la fine della seconda guerra mondiale Tarvisio ha conosciuto un nuovo periodo di vitalità economica con lo sviluppo del settore turistico (le cui radici sono tuttavia già ravvisabili nell’Ottocento), basato sia sul patrimonio naturale sia su quello storico-culturale.

Dalla preistoria alla romanizzazione

In epoca preistorica, come testimoniano alcune selci scheggiate rinvenute nei pressi dei laghi di Fusine e di Cave del Predil e un’ascia levigata trovata a Riofreddo, l’uomo ha sicuramente frequentato i territori del Tarvisiano, probabilmente di passaggio approfittando del valico di Coccau, il più basso dell’intero arco alpino. Ben poco si conosce delle popolazioni che per prime popolarono in modo stabile questo territorio, probabilmente consistenti in tribù celtiche tra le quali i Carni (testimoniati da toponimi quali Carnia, Carinzia e Carniola) e i Taurisci, da cui, probabilmente, deriva il nome di Tarvisio.

Alla fine del III secolo a.C. iniziò la conquista romana dell’attuale Friuli-Venezia Giulia e dell’Istria, che portò, nel secolo successivo, alla costruzione di Aquileia, Trieste e Pola. A questo periodo risalgono i primi contatti dei romani con le popolazioni autoctone, essenzialmente di carattere commerciale, a cui seguì la conquista militare e l’inclusione nella Decima Regio augustea. Numerose sono le tracce della presenza romana nel Tarvisiano, lapidi iscritte, monete e oggetti vari, ed è noti che vi passava nei pressi l’importante via romana di collegamento tra Aquileia e il Noricum, con Camporosso come rilevante stazione di posta (cambio cavalli), con guarnigione militare e doganale.

Attorno al 166 d.C. la zona fu interessata da incursioni di popolazioni germaniche e slave, contro le quali si mosse con successo l’imperatore Marco Aurelio. Nella prima metà del V secolo, in un impero romano ormai in profonda crisi, la zona fu interessata dalle invasioni dei Visigoti e degli Unni.

Dalla caduta dell’Impero Romano d’Occidente alla signoria del vescovo di Bamberga (1006-1759)

Con la fine dell’Impero romano d’Occidente la Valcanale perse d’importanza, e il territorio andò incontro ad un periodo di crisi economica e demografica, aggravata dal passaggio delle nuove popolazioni che varcavano l’antico limes quali Vandali, Goti e Longobardi.

Nel territorio si stanziò in seguito un popolo di pastori slavi, i Vendi, di cui rimangono poche testimonianze e alcune denominazioni di toponimi locali. Questi si insediarono presso gli abitati attuali di Camporosso e Ugovizza, con i loro territori adatti alla pastorizia e alla coltivazione. I Vendi furono rapidamente costretti a sottomettersi dapprima ai Bavari e poi ai Franchi, epoca nella quale (IX secolo) venne costituita la Signoria di Federaun, alla quale appartennero Tarvisio e la Val Canale.

Agli inizi dell’XI secolo accadde un evento che caratterizzò a lungo la storia di questi territori: Enrico II il Santo, re degli Italici e dei Franchi e futuro imperatore del Sacro Romano Impero, fondò un capitolo di potere temporale e lo affidò al Vescovo di Bamberga, mentre la giurisdizione ecclesiastica sulla signoria di Federaun rimase al patriarca di Aquileia. Un fatto, si è detto, di grande importanza, dal momento che il cosiddetto periodo bamberghese-aquileiese si concluse solo più di settecento anni dopo, nel 1759.

Si tratta di secoli di grandi cambiamenti, caratterizzati dall’arrivo di nuove popolazioni di origine austro-tedesca, friulana e veneta, ma anche di crescita economica, benché intervallata da momenti di crisi dovute a calamità naturali e guerre, tra cui le invasioni turche tra la fine del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento. I villaggi della vallata, in particolar modo Malborghetto, Fusine, e soprattutto Tarvisio (che in tale contesto ebbe un ruolo trainante), si sviluppano grazie alle industrie metallurgiche, ai traffici commerciali (dal 1456 a Tarvisio viene concesso il diritto di organizzare annualmente il mercato), e alle attività agricole e di pastorizia. A Cave del Predil si sviluppò l’industria estrattiva, già attiva fin dall’epoca romana.

Dal periodo asburgico al secondo dopoguerra

Nel 1759 il vescovo di Bamberga Adam Seinsheim, a causa dei gravosi tributi imperiali, alienò i beni della signoria di Federaun, i quali furono acquistati da Maria Teresa d’Austria. A questi decenni risale la stabilizzazione della compagine etnica di Tarvisio e della Val Canale: la popolazione italofona in gran parte si stabilì oltre Pontrebba, dove governava la Repubblica di Venezia; quella tedesca si concentrò a Tarvisio, Cave del Predil, Fusine, Malborghetto, Pontafel; infine quella slovena si fermò nei villaggi di Camporosso, Valbruna, Ugovizza e San Leopoldo.

Economicamente si trattò di un periodo di regressione, nel quale i commerci si restrinsero a causa della congiuntura politico-economica, aggravata dalle guerre napoleoniche e dalle conseguenze delle battaglie sul territorio. Tarvisio e la valle appartennero per un breve periodo alle Province Illiriche del Regno d’Italia, ma con la Restaurazione (1815) la Val Canale tornò all’Austria.

Dopo le turbolenze del periodo napoleonico, lentamente si fece strada la ripresa economica attraverso il commercio e l’arrivo dell’industria. Vennero realizzate nuove strade ( risale al 1851 la nuova Strada Nazionale, che sostituì quella vecchia di origine romana ), arrivarono i collegamenti ferroviari negli anni Settanta del secolo, e i primi turisti, incoraggiati da un’oculata e pionieristica attività di promozione della zona come meta di villeggiatura estiva. Nel 1909 l’imperatore Francesco Giuseppe elevò Tarvisio al rango di città, sancendone la crescita economica e sociale e il ruolo cardine nel contesto della vallata.

Gli anni di prosperità si chiusero allo scoppio della prima guerra mondiale: la valle fu sgomberata dalla popolazione civile e il territorio divenne terra di nessuno. Alla fine delle ostilità l’Italia fece valere le sue pretese sul Tarvisiano, accolte nei trattati di pace di Saint Germain (10 settembre 1919) e di Rapallo (12 novembre 1920), a seguito dei quali la Val Canale diventò territorio italiano.

Negli anni tra le due guerre, Tarvisio consolidò la sua vocazione turistica, grazie anche allo sviluppo degli sport invernali. A seguito dell’accordo tra Hitler e Mussolini del 1939 circa l’80% delle famiglie madrelingua tedesca della valle scelse la cittadinanza germanica, e si trasferì oltre il confine per unirsi all’Austria del Terzo Reich.

Durante la seconda guerra mondiale, dopo l’armistizio del 1943, la Val Canale subì l’occupazione nazista fino alla sconfitta della Germania nazista. Alla fine della guerra la Jugoslavia, considerando la minoranza slovena presente sul territorio, avanzò delle pretese sulla Val Canale ma queste non furono accolte, e il confine rimase invariato. Con il secondo dopoguerra per Tarvisio e la Val Canale iniziò la ripresa economica, attraverso lo sviluppo commerciale e turistico di tutta la zona.

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